Il PIL USA cala di poco, ma gli effetti dei dazi non si sono ancora visti
Ecco tutte le novità sui mercati finanziari della settimana.
Le notizie principali
Il PIL USA è calato dello 0.3% per l’aumento delle importazioni: consumi e investimenti restano solidi, ma gli effetti dei dazi si vedranno solo nel secondo trimestre, con rischi su inflazione e crescita.
L’inflazione nell’Eurozona resta al 2.2% ad aprile, sopra le attese: la BCE valuta un nuovo taglio dei tassi a giugno, nonostante pressioni interne da servizi e crescita economica in rallentamento.
Ad aprile negli USA sono stati creati 177.000 posti di lavoro, superando le attese. I mercati rimbalzano, ma l’impatto reale dei dazi si vedrà da maggio. La Fed ora è vista come più prudente sui tagli.
La BoJ taglia le stime di crescita per il 2025-2026 per effetto dei dazi e vede l’inflazione sotto il 2%. I tassi restano allo 0.5%, ma l’incertezza frena i piani di normalizzazione della politica monetaria.
La settimana passata
Il PIL USA cala di poco, ma gli effetti dei dazi non si sono ancora visti
Quando si guarda agli ultimi risultati del PIL statunitense, viene normale chiedersi se non si stia guardando l’equivalente di una pubblicità “prima e dopo” di una crema dimagrante.
Le attuali rilevazioni sull’economia statunitense somigliano a una “foto del prima”: mostrano lo stato attuale, ma non ancora gli effetti dei dazi, entrati in vigore il 2 aprile, proprio all'inizio del secondo trimestre.
Il dato sul PIL del primo trimestre, riporta una situazione solo marginalmente influenzata dai dazi.
Il PIL è calato dello 0.3%, a causa di un’impennata delle importazioni, che ha sottratto quasi 5 punti percentuali alla crescita. Poiché le importazioni non rientrano nel “prodotto interno”, vengono detratte dal PIL.
Il PIL viene solitamente calcolato attraverso la formula: C + I + G + (X - M), dove X sta per esportazioni e M per importazioni, mentre C, I, e G, indicano rispettivamente Consumi, Investimenti e Spesa pubblica.
Nonostante questo, ci sono segnali incoraggianti: i consumi delle famiglie, che rappresentano il cuore dell’economia USA, sono saliti dell’1.8%. Anche la domanda interna finale (cioè consumi e investimenti esclusi i movimenti di scorte) è cresciuta del 3%.
Gli investimenti privati sono aumentati in modo significativo, con un +22% su base annualizzata. Tuttavia, anche in questo caso la causa scatenante è da ritrovare nei dazi, che hanno portato ad un’impennata degli acquisti di tecnologie informatiche per anticipare ulteriori costi.
Un comportamento simile si è osservato anche nell’accumulo di scorte aziendali, che ha contribuito alla crescita del PIL per oltre 2 punti.
Sul fronte dei prezzi, l’inflazione misurata dall’indice core PCE, il parametro preferito dalla Federal Reserve, è leggermente scesa, ma resta al 2,6% su base annua, ancora oltre il target del 2%.
L’inflazione resta elevata, ma in lento calo. Tuttavia, al momento, non sembra essere sufficiente per giustificare un taglio dei tassi da parte della Fed nella prossima riunione, anche se i mercati prevedono quattro riduzioni entro fine anno.
Un segnale positivo arriva da Visa: nel primo trimestre, i volumi di spesa sulla rete statunitense sono cresciuti del 6%, con un incremento anche nelle prime settimane di aprile. Il CEO ha segnalato una buona tenuta della spesa dei consumatori in tutte le fasce di reddito, con rallentamenti solo in settori specifici come viaggi e alloggi.
È importante ricordare che l’effetto dei dazi non si è ancora fatto sentire, né sui prezzi né sulla disponibilità dei prodotti. Le imprese stanno ancora lavorando con scorte accumulate prima di aprile, ma la situazione potrebbe cambiare presto.
Nell’ultima settimana, gli arrivi di merci dalla Cina saranno inferiori del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre le spedizioni di container dalla Cina agli USA sono crollate del 45% su base annua a metà aprile.
L’inflazione europea non bloccherà la BCE
Gli ultimi dati dell’inflazione di aprile nell’Eurozona segnano un valore di +2.2%, in linea con quanto registrato a marzo, ma oltre le previsioni degli analisti che attendevano un lieve calo al 2.1%. Questo dato mantiene viva la pressione sulla Banca Centrale Europea (BCE), che dovrà decidere a giugno se proseguire con il taglio dei tassi di interesse.
Nonostante il dato superiore alle attese, per la maggior parte degli economisti, i dati sono sufficienti a consentire alla BCE di procedere con un’ulteriore calo. L’attenzione della banca si sta sempre più spostando verso la debolezza dell’economia dell’area euro.
L’inflazione di fondo, che esclude energia e alimentari, è salita al 2.7%, superando il 2.4% di marzo. Ancora più rilevante è la dinamica dei servizi, la cui inflazione è salita al 3.9%, segnalando pressioni interne più persistenti.
Il dato dei servizi potrebbe essere legato soprattutto alle vacanze pasquali, che sono cadute in aprile (a differenza del 2023) e che ha spinto temporaneamente i prezzi di viaggi e ristorazione.
Nonostante questi segnali, i mercati continuano a puntare su un taglio dei tassi a giugno: le probabilità implicite nei contratti swap restano all’85%. Gli investitori si aspettano in totale due o tre tagli entro fine anno.
L’ultimo taglio è arrivato il mese scorso, con un allineamento unanime al 2.25%: le motivazioni sono da ricercare nella crescita del PIL europeo, per cui sono già state previste due revisioni al ribasso.
Christine Lagarde ha confermato che gran parte degli indicatori di inflazione di fondo mostrano segnali di normalizzazione, rafforzando l’ipotesi di ulteriori allentamenti.
Il mercato del lavoro statunitense è robusto
Dopo un mese di dazi, con i mercati che hanno avuto forti fluttuazioni, il mese di maggio inizia con gli stessi prezzi della fine di marzo. A trainare il rimbalzo è stato un report sul mercato del lavoro che ha superato le aspettative.
Ad aprile, negli Stati Uniti sono stati creati 177.000 nuovi posti di lavoro, un dato superiore ai 135.000 previsti dagli analisti, nonostante un rallentamento rispetto a marzo.
I mercati tendono ad anticipare di sei mesi il futuro, ma le emozioni e l’incertezza possono avere un effetto importante sui prezzi. Il rialzo attuale riflette l’idea che per gli investitori il peggio sul fronte dazi sia passato, ma gli effetti reali si inizieranno a vedere dai report di maggio.
Il mercato obbligazionario, con il rialzo dei treasury, segnala che le aspettative del mercato sono per una Fed più restrittiva. Dopo il report sull’occupazione, la probabilità di quattro tagli dei tassi entro l’anno è scesa dal 60% al 30%. Goldman Sachs, nel frattempo, ha posticipato le proprie previsioni sul primo taglio da giugno a luglio.
Non è mancato l’intervento dell’ex presidente Trump, che su Truth Social ha esortato la Fed ad abbassare i tassi, celebrando la “solidità dell’occupazione e altri segnali positivi”.
Intanto, i dati sull’impiego federale mostrano un calo di 9.000 unità ad aprile e di 26.000 da inizio anno, anche in seguito a tagli massicci promossi dal cosiddetto Dipartimento per l’efficienza amministrativa guidato da Elon Musk. Il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 4.2%.
Il dato di marzo è stato rivisto al ribasso, da 228.000 a 185.000, ma gli analisti sostengono che le iniziative economiche dell’ex presidente avranno effetti graduali.”
L’impatto dei dazi sul PIL giapponese
La Banca del Giappone (BoJ) ha ridotto le previsioni di crescita economica per i prossimi anni, segnalando uno scenario sempre più incerto legato alle tensioni commerciali globali.
La BoJ ha annunciato che manterrà invariato il tasso overnight intorno allo 0.5%, mentre ha aggiornato le sue previsioni di crescita del PIL al +0.5% nel 2025 (dal precedente 1.1%) e al +0.7% nel 2026 (dal 1%).
Le nuove stime riflettono le preoccupazioni per l’aumento delle tariffe, in particolare dopo l’annuncio dei dazi “reciproci” da parte dell’ex presidente Donald Trump.
Il governatore Kazuo Ueda ha sottolineato come queste misure, se non gestite, potrebbero compromettere sia la crescita economica che la dinamica salariale. In questo senso, le stime per l’inflazione sono state abbassate e ora ci si attende che nel 2026 resti sotto il target del 2%, fermandosi all’1.7%.
Ueda ha spiegato che le nuove previsioni si basano sull’ipotesi che i negoziati commerciali proseguano senza blocchi significativi nelle catene di approvvigionamento. Tuttavia, ha ammesso che la probabilità che lo scenario di base della BoJ si concretizzi si è ridotta e che non sono escluse ulteriori revisioni al ribasso.
La riunione della BoJ è arrivata in un momento delicato, con i rappresentanti giapponesi impegnati a Washington per cercare un punto d’incontro con le controparti statunitensi sul tema tariffe.
Anche una volta definiti i dazi, secondo Ueda, le conseguenze sull’economia rimarranno imprevedibili, rendendo più difficile stabilire un percorso chiaro per la politica monetaria.
Alla domanda su come i dazi influenzeranno i prezzi, il governatore ha risposto che ci sarà una fase di stagnazione dell’inflazione, seguita da un lento recupero. Questo rafforza i dubbi sulla possibilità che la BoJ possa proseguire con rialzi regolari dei tassi, come inizialmente previsto all’inizio dell’anno.
Secondo la dichiarazione ufficiale, l’inflazione core rimarrà probabilmente debole nei prossimi mesi a causa della frenata dell’attività economica.
Guardando oltre, fino al 2028, la Banca Centrale si aspetta che i prezzi si mantengano vicini all’obiettivo del 2%, ma ha ribadito che eventuali aumenti dei tassi dipenderanno dalla concreta evoluzione di crescita e inflazione.
La settimana che verrà
Calendario Economico
Durante la prossima settimana le Banche Centrali di Stati Uniti e Regno Unito avranno il difficile compito di comunicare le rispettive decisioni sui tassi d’interesse. Mentre per la Bank of England sembra probabile una riduzione di 25 punti base, la Fed dovrebbe rimanere ancora ferma in attesa di ulteriori dati sul fronte dell’inflazione.
Ecco alcuni degli eventi più interessanti della prossima settimana:
Lunedì 5/5
16.00 ISM Services PMI (aprile): Il Report On Business® dell'ISM non manifatturiero si basa sui dati raccolti dai responsabili degli acquisti e delle forniture a livello nazionale. Le risposte al sondaggio riflettono l'eventuale variazione del mese in corso rispetto al mese precedente. Per ciascuno degli indicatori misurati (attività commerciale, nuovi ordini, ordini arretrati, nuovi ordini di esportazione, variazione delle scorte, sentiment sulle scorte, importazioni, prezzi, occupazione e consegne ai fornitori), questo rapporto mostra la percentuale di risposte e l'indice di diffusione. Una lettura dell'indice superiore al 50% indica che l'economia non manifatturiera in quell'indice è generalmente in espansione; una lettura inferiore al 50% indica che è generalmente in calo. Gli ordini ai produttori di servizi rappresentano circa il 90% dell'economia statunitense. L’indice è previsto ulteriormente in calo a 50.3 rispetto a 50.8 del mese precedente.
Mercoledì 7/5
11.00 Vendite retail YoY EU (marzo): Nell'area dell'euro, le vendite al dettaglio mostrano l'evoluzione dell'importo totale dei beni venduti. L’indice è previsto in calo al +1.9% rispetto a marzo 2024.
13.00 MBA Mortgage Applications (2 maggio): Negli Stati Uniti, il sondaggio settimanale sulle richieste di mutui MBA è una panoramica completa del mercato dei mutui a livello nazionale e copre tutti i tipi di operatori del settore, comprese le banche commerciali, gli istituti di credito e le società di mortgage banking. L'intero mercato è rappresentato dall'Indice di mercato, che copre tutte le richieste di mutuo presentate durante la settimana, sia per l'acquisto che per il rifinanziamento. L'indagine copre oltre il 75% di tutte le richieste di mutui residenziali al dettaglio negli Stati Uniti.
20.00 Decisione tassi d’interesse Fed: La Fed comunicherà la propria decisione riguardo i tassi d’interesse. Per il 2025 si prevedono 2 tagli, con probabilità crescenti per un terzo taglio, ma in questa riunione è probabile che la Fed mantenga i tassi fissi al 4.5%.
Giovedì 8/5
13.00 Decisione tassi d’interesse Bank of England: Le aspettative sulla BoE sono che la Banca Centrale abbassi ulteriormente i tassi di 25 punti base, al 4.25%.
14.30 US Initial Jobless Claims (3 maggio): Le richieste iniziali di disoccupazione hanno un grande impatto sui mercati finanziari perché, a differenza dei dati sulle richieste continuate che misurano il numero di persone che richiedono sussidi di disoccupazione, le richieste iniziali di disoccupazione misurano la disoccupazione nuova ed emergente.
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Le obbligazioni dei mercati emergenti vengono spesso associate a quelle dei mercati sviluppati, ma in realtà rappresentano un asset class con caratteristiche molto specifiche. Se inserite correttamente in portafoglio, possono offrire un'interessante opportunità di crescita, senza aumentare in modo significativo la volatilità complessiva. In questo video analizziamo nel dettaglio i bond emergenti: vedremo come funzionano, quali rischi comportano e in quali contesti possono essere una scelta strategica.
Si parla spesso del classico portafoglio 60/40 – 60% azioni e 40% obbligazioni – e della sua reale efficacia nel contesto attuale di mercato. È ancora una soluzione valida per bilanciare rischio e rendimento? Oppure esistono alternative più efficienti, magari con una volatilità inferiore e rendimenti potenzialmente più interessanti? Per approfondire questo tema, prenderemo spunto da un articolo intitolato "Safe Equities: An Alternative Allocation to Bonds", che propone un approccio diverso all'allocazione obbligazionaria: https://rpc.cfainstitute.org/research/financial-analysts-journal/2025/safe-equities-alternative-allocation-to-bonds