Come sono state calcolate terribili tariffe di Trump
Ecco tutte le novità sui mercati finanziari della settimana.
Le notizie principali
Il 2 aprile gli USA hanno annunciato nuovi dazi: 10% su tutte le importazioni (esclusi Canada e Messico) e aliquote più alte per i Paesi con un surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti.
Gli economisti criticano duramente i nuovi dazi di Trump: metodologia arbitraria, impatto sproporzionato su Paesi poveri e rischio di inflazione rendono la strategia dannosa e priva di logica economica.
A Marzo gli USA hanno creato 228.000 posti di lavoro, superando le attese, mentre la disoccupazione aumenta al 4.2%. Nonostante il dato positivo, pesano le incertezze su dazi e crescita.
La Cina risponde con dazi del 34% su tutte le importazioni USA, innescando timori di guerra commerciale e causando un ulteriore discesa dei mercati. Pechino punta a negoziare, ma resta in una posizione debole.
La settimana passata
Commentare una settimana come quella appena trascorsa è sempre difficile. I principali indici americani sono scesi vertiginosamente, con il NASDAQ che ha perso il 10%, seguito dal S&P500 a -9.1% e dal Dow Jones al -7.9%. Il petrolio sprofonda sull’onda delle paure di recessione, perdendo il -9.7%.
Il 2 Aprile sono stati annunciati nuovi dazi doganali nell’ambito del International Emergency Economic Powers Act. Il piano prevede l’introduzione di una tariffa generalizzata del 10% su tutte le importazioni, con l’esclusione di Canada e Messico, e una tariffa “punitiva” più alta per i paesi con un grande surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti.
Il Canada e Messico, non rientrano nelle nuove tariffe generalizzate, ma restano soggetti a dazi su specifici settori come acciaio, alluminio e automotive, segnando un tracciato che probabilmente verrà intrapreso da molti altri stati, ovvero quello di negoziare una riduzione dei dazi.
Le borse hanno reagito con preoccupazione a questo annuncio, con il timore che l’impatto delle misure possa rallentare l’economia statunitense, già in fase di raffreddamento nel primo trimestre del 2025.
Le tariffe da un lato aumentano i costi per le imprese, comprimendo i margini di profitto, mentre dall’altro, riducono il potere d’acquisto delle famiglie. La domanda interna, infatti, mostra già segnali di debolezza.
Le stime indicano che la tariffa media sulle importazioni negli Stati Uniti potrebbe salire dal 1.7% storico a un range compreso tra il 20% e il 25%.
Considerando che nel 2024 gli USA hanno importato beni per oltre 3.300 miliardi di dollari, l'extra gettito doganale potenziale si aggira intorno ai 660 miliardi di dollari, pari a circa il 2.3% del PIL. Ovviamente l’aumento delle tariffe causerà una riduzione delle importazioni degli Stati Uniti, diminuendo questo numero.
I nuovi dazi potrebbero avere un impatto immediato sul fronte dei prezzi, ma con effetti destinati a ridimensionarsi nel medio termine.
L’impatto più rilevante potrebbe riversarsi sull’economia statunitense, che già era in fase di raffreddamento. Probabilmente l’amministrazione Trump potrebbe annunciare presto un piano di tagli alle tasse, finanziato dall’extra gettito derivante dai dazi.
Come sono state calcolate terribili tariffe di Trump
Da parte degli economisti di tutto il mondo si sono alzate forti critiche sul sistema utilizzato per calcolare i nuovi dazi dell’amministrazione Trump, contestando sia la logica che la metodologia utilizzata.
Il piano prevede un'imposta doganale del 10% su tutte le importazioni di tutti i paesi, anche verso quelli con cui gli Stati Uniti hanno un surplus commerciale, con l’eccezione di Canada e Messico, mentre quelli con un disavanzo commerciale sono stati colpiti da tariffe ben più alte, fino a superare il 40%.
Secondo l’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (USTR), le tariffe sono state calcolate prendendo il valore del deficit bilaterale in beni e dividendo il risultato per l’ammontare delle importazioni ricevute dagli Stati Uniti da ciascun Paese.
Il risultato ottenuto è stato successivamente dimezzato per il calcolo delle tariffe. In base a questa formula, paesi come Vietnam e Cambogia, che esportano beni a basso valore aggiunto verso gli Stati Uniti ma che non importano quasi nulla, per via del costo dei beni americani, si ritrovano colpiti da tariffe rispettivamente del 46% e 49%.
Il Regno Unito, al contrario, che importa dagli USA più di quanto esporti, ha subito una tariffa standard del 10%. Il Regno Unito è anche il terzo compratore di debito pubblico statunitense, fattore che ha contribuito probabilmente ad un trattamento privilegiato.
Questo approccio è estremamente rozzo e privo di coerenza economica: Infatti i disavanzi commerciali non si possono spiegare unicamente con la presenza di eventuali dazi, ma sono influenzati da variabili economiche complesse, tra cui tassi di risparmio, investimenti e politica monetaria e non si correggono con tariffe imposte unilateralmente.
Tra gli economisti che mettono in dubbio la capacità dei dazi di Trump di ristabilire il disavanzo commerciale americano, c’è sicuramente Thomas Sampson, docente alla London School of Economics.
Secondo Sampson, le tariffe non incidono sulle cause strutturali del deficit americano: finché gli Stati Uniti continueranno a risparmiare meno di quanto investano, il disavanzo commerciale rimarrà una conseguenza inevitabile.
Lo scenario più probabile ad oggi è che ogni paese tenterà di negoziare condizioni più favorevoli in maniera autonoma, complicando enormemente il commercio globale e generando numerose inefficienze.
Uno degli effetti più discussi riguarda l’impatto sproporzionato delle tariffe sulle economie meno sviluppate, come Cambogia e Vietnam. Questi paesi saranno costretti a orientare le esportazioni verso altri mercati, privando gli USA di materie prime e beni a basso costo.
Tutte queste misure causeranno un aumento dell’inflazione. Gli importatori statunitensi scaricheranno il costo delle tariffe sui consumatori, che potrebbero essere doppiamente colpiti anche dalla perdita del lavoro, nel caso in cui gli Stati Uniti dovessero entrare in recessione.
Alcuni analisti ipotizzano che il dollaro possa apprezzarsi in questo scenario, anche se ad oggi questa ipotesi non sembra confermata, ma al contrario il dollaro continua a perdere valore rispetto all’euro.
Se ciò dovesse accadere, l’impatto sull’economia americana sarà ancora più negativo, perché il rafforzamento del dollaro renderà meno competitive le esportazioni americane, peggiorando ulteriormente la bilancia commerciale.
Nel complesso, il piano tariffario dell’amministrazione Trump è stato bollato da gran parte del mondo accademico come una strategia sbagliata nei presupposti e pericolosa negli effetti.
Gli Stati Uniti aggiungono più posti di lavoro di quanto si pensasse
Nel mese di Marzo, gli Stati Uniti hanno registrato un incremento di 228.000 nuovi posti di lavoro, superando le attesi di 135.000 unità. Il dato, pubblicato dal Bureau of Labor Statistics, evidenzia la tenuta del mercato del lavoro nonostante i tagli al personale federale portati avanti negli ultimi due mesi.
Tuttavia, il tasso di disoccupazione è cresciuto leggermente, salendo al 4.2%.
Venerdì, Trump ha scritto sulla sua piattaforma Truth Social: “NUMERI ECCEZIONALI SULL’OCCUPAZIONE, MOLTO MEGLIO DELLE ATTESE. STA GIÀ FUNZIONANDO. RESISTETE, NON POSSIAMO PERDERE!!!
Sebbene i dati sull’occupazione rappresentino un segnale positivo per l’economia americana, l’impatto delle tariffe è ancora difficile da stimare e questo contribuisce ad accrescere l’incertezza.
Nel frattempo la Fed resta vigile, con le parole di Powell che manifestano i dubbi della Banca Centrale sul prossimo futuro. Il compito di bilanciare il rallentamento della crescita economica del paese e l’inflazione alta, diventa sempre più complicato.
L’impatto delle tariffe reciproche della Cina
La risposta della Cina non si è fatta attendere, annunciando una imponente tariffa del 34% su tutte le importazioni dagli Stati Uniti. Questa mossa, in risposta alle dichiarazioni di Trump, rischia di scatenare una imponente guerra commerciale tra le due economie più grandi del pianeta, che non lascerà vincitori.
La notizia ha avuto un forte impatto sui mercati finanziari che sono scesi in modo più o meno simile, perdendo circa il 5% in un’unica giornata. Il prezzo del petrolio Brent è crollato di quasi il 7% a causa dei timori per un rallentamento dell’economia mondiale.
Il presidente Trump, attraverso il suo social network, ha ribadito l’intenzione di non fare marcia indietro, indicando la reazione della Cina come un segno di debolezza e ribadendo ancora una volta che le sue politiche attrarranno ancora più capitali negli Stati Uniti.
Secondo le stime del Peterson Institute for International Economics, la media dei dazi statunitensi sui prodotti cinesi salirà al 76%, superando di gran lunga la soglia del 60% inizialmente prevista da Trump in campagna elettorale.
I dazi cinesi entreranno in vigore a partire dal 10 Aprile, e colpiranno tutte le merci americane. Pechino ha annunciato anche ulteriori misure volte ad indebolire gli Stati Uniti, come la restrizione sull’esportazione di terre rare e una indagine contro la filiale cinese della multinazionale DuPont.
Sono sette i tipi di terre rare per cui la Cina ha bloccato l’export, e ha inserito aziende tecnologiche statunitensi come Skydio e Brinc Drones nella lista delle “entità inaffidabili”, con cui le società cinesi non possono collaborare.
Il Ministero del Commercio cinese ha accusato Washington di violare le regole del commercio internazionale.
È probabile che ora la Cina cerchi di acquisire una posizione di forza per poi negoziare una riduzione dei tassi con gli Stati Uniti: tuttavia lo sbilanciamento del surplus commerciale cinese nei confronti degli Stati Uniti, che importano circa 1.000 miliardi di dollari di prodotti cinesi, rende molto debole la posizione del paese.
La settimana che verrà
Calendario Economico
Dopo una delle settimane più turbolente degli ultimi venti anni, la prossima settimana verranno pubblicati i dati dell’inflazione statunitense. Nonostante i dati possano essere positivi, perché riferiti al mese di Marzo, l’annuncio dei nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti a gran parte del mondo, li rendono poco utili per stimare l’andamento dell’inflazione da qui ai prossimi 12 mesi.
Ecco alcuni degli eventi più interessanti della prossima settimana:
Mercoledì 9/4
13.00 MBA Mortgage Applications (4 Aprile): Negli Stati Uniti, il sondaggio settimanale sulle richieste di mutui MBA è una panoramica completa del mercato dei mutui a livello nazionale e copre tutti i tipi di operatori del settore, comprese le banche commerciali, gli istituti di credito e le società di mortgage banking. L'intero mercato è rappresentato dall'Indice di mercato, che copre tutte le richieste di mutuo presentate durante la settimana, sia per l'acquisto che per il rifinanziamento. L'indagine copre oltre il 75% di tutte le richieste di mutui residenziali al dettaglio negli Stati Uniti.
20.00 Verbali FOMC: verranno pubblicati i verbali del FOMC riferiti all’ultima riunione del comitato. Sarà interessante leggere le parole dei rappresentanti della Fed in relazione ai nuovi dazi annunciati da Donald Trump.
Giovedì 10/4
3.30 Inflazione Cina YoY (Marzo): Dopo il dato negativo di febbraio che aveva visto una deflazione del -0.7%, gli analisti si aspettano un inflazione piatta allo 0%. L’aumento delle tariffe statunitensi avrà un impatto sull’inflazione, in particolare sul prezzo delle materie prime, che però potrebbe venir compensata da una contrazione economica data dal crollo delle esportazioni.
14.30 US Initial Jobless Claims (5 Aprile): Le richieste iniziali di disoccupazione hanno un grande impatto sui mercati finanziari perché, a differenza dei dati sulle richieste continuate che misurano il numero di persone che richiedono sussidi di disoccupazione, le richieste iniziali di disoccupazione misurano la disoccupazione nuova ed emergente.
14.30 Inflazione YoY USA (Marzo): L’inflazione statunitense è prevista in calo al 2.5% nel mese di Marzo, con una inflazione core in calo al 3%. L’introduzione delle tariffe avrà un forte impatto sull’inflazione, almeno nei prossimi 12 mesi.
Venerdì 11/4
14.30 PPI USA (Marzo): Negli Stati Uniti, l'Indice dei prezzi alla produzione per la domanda finale misura la variazione dei prezzi dei beni venduti per il consumo personale, l'investimento di capitale, la pubblica amministrazione e l'esportazione. È composto da sei indici di prezzo principali. L’indice è previsto in rialzo al 3.3%.
16.00 Michigan Consumer Sentiment Prel (Aprile): L'Indice delle aspettative dei consumatori si concentra su tre aree: come i consumatori vedono le prospettive per la propria situazione finanziaria, come vedono le prospettive per l'economia generale nel breve termine e come vedono le prospettive per l'economia nel lungo termine. Ogni indagine mensile contiene circa 50 domande di base, ognuna delle quali analizza un aspetto diverso degli atteggiamenti e delle aspettative dei consumatori. I campioni per le indagini sui consumatori sono statisticamente progettati per essere rappresentativi di tutte le famiglie americane, escluse quelle dell'Alaska e delle Hawaii. Ogni mese vengono condotte almeno 500 interviste telefoniche.
L’indice è previsto in calo, a 56.4, insieme al peggioramento del sentimento dei consumatori americani, spaventati dall’aumento dei prezzi.
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